Fonte immagine: archivio Di Spazio, Centro Climatico Predoi |
La fibrosi polmonare
idiopatica (IPF) è una malattia a eziologia ignota e andamento progressivo che
danneggia progressivamente e irreversibilmente l’architettura del parenchima
pneumonico; insorge con maggiore frequenza nei soggetti in età compresa fra 50
e 70 anni e colpisce il sesso maschile in misura maggiore. L’esordio è subdolo e può limitarsi alla
manifestazione di tosse secca persistente e non produttiva. All’auscultazione
toracica si denotano tipici rumori patologici con suoni simili all’apertura lenta
del velcro; sul piano ispettivo si può osservare ippocratismo digitale (dita di
mani e piedi a bacchetta di tamburo) e la diagnosi viene effettuata con
l’ausilio della tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT) in
contesti clinici specializzati. Sul piano terapeutico i farmaci utilizzati sono
l’associazione combinata di N-acetilcisteina (NAC), aziatoprina e prednisone
(tripla terapia) e di recente il Pirfenidone. Come migliorare la qualità della
vita del Paziente con IPF? Attraverso una mirata Riabilitazione Polmonare in grado di mitigare l’intensità dei
sintomi; i più diffusi programmi di riabilitazione prevedono il controllo del
regime dietetico, l’esercizio fisico, la terapia occupazionale e l’attivazione
del contesto psicosociale.
Nel quadro di una valida pneumoprofilassi non
deve essere trascurato l’effetto dello Speleoterapia
Integrata (IST, Integrated Speleotherapy). La speleoterapia consiste
nell’esposizione al microclima di cavità ipogee (bassa temperatura ed elevata
umidità relativa) per migliorare la performance ventilatoria e può essere
validamente integrata con altre forme di profilassi.